Quanto costa la Democrazia?

Le dichiarazioni dell’ex Ministro dell’Istruzione Lorenzo Fioramonti in merito alla necessità del M5S di fare cassa con i contributi degli eletti in Parlamento per avere delle risorse da investire nell’azione politica non è una notizia per chi conosce l’organizzazione della Democrazia, lo è per chi, come Fioramonti e i grillini, hanno creduto, o meglio hanno fatto credere, che per rappresentare degnamente i cittadini bastasse un computer, un blog e niente di più.

Al contrario di quanto manifestato come dogma i grillini non hanno solamente sconfessato quanto decantato in ogni pubblica sede, ma hanno ben compreso come approfittare dei privilegi ( quelli della casta) usufruendo di case gratis, staff da milioni di euro, auto blu e favori a parenti ed amici.

Ma quanto costa la democrazia? Ve lo siete mai chiesto? Vi siete chiesti come mai il Legislatore ha pensato di potenziare le Istituzioni attraverso il finanziamento pubblico?

Nell’epoca dell’anti politica e del fanatismo anti istituzionale rimane molto complesso favorire un ragionamento sui contributi ai partiti, ma occorre senz’altro riportare la riflessione alle origini, a quando il Legislatore ha ritenuto opportuno e necessario equilibrare la competizione elettorale evitando le ingerenze dei gruppi di interesse privati ponendo un ostacolo all’illegalità e alla corruzione.

Ingrid Van Biezen individua tre ragioni principali per l’esistenza del finanziamento pubblico:

  • garantire il sostentamento dei partiti, considerati indispensabili per la democrazia, contrastando la fine dell’auto sostentamento e un trend di spesa sempre crescete;
  • garantire pari opportunità ed equità alla competizione politica creando un uguale campo di gioco per i partiti storici e per quelli neonati;
  • limitare le distorsioni derivanti dal flusso dei fondi privati.

La Democrazia costa, non solo per gli stipendi da garantire agli eletti, ma per tutto ciò che è connesso alle esigenze di rappresentanza necessarie a mantenere un rapporto tra eletti ed elettori.

La Politica, sarebbe meglio dire senza vergogna i Politici, hanno il compito di ponderare gli interessi dei cittadini e porre in atto procedimenti amministrativi per soddisfarli. Interpretare tale funzione in modo onesto e coerente con la Costituzione costa.

Negli ultimi anni il dibattito sul finanziamento della Politica è stato terreno di confronto tra i partiti. Le distorsioni del sistema e le numerose inchieste, spesso concluse con un nulla di fatto, hanno viziato, non poco, il ragionamento sull’opportunità di regolare il finanziamento pubblico raggiungendo il drammatico risultato di aver complicato ancor di più una materia già complessa e incerta.

In Italia, al contrario di moltissimi Paesi occidentali, le regole del gioco non sono certe e la confusione provocata dalle utopie del Movimento 5 Stelle hanno reso ancor più scivoloso e minato il percorso per finanziare la democrazia.

Non dico che il sistema non andasse cambiato, non dico che le storture non andassero corrette, ma sono un convinto sostenitore delle regole, della trasparenza e del finanziamento pubblico ai partiti in quanto lo ritengo lo strumento migliore per garantire a chiunque il diritto di rappresentanza.

Meglio il sistema americano che gode di un fortissimo approvvigionamento di fondi dai privati? meglio il sistema tedesco? L’importante a parer mio è avere la certezza delle regole e un sistema di finanziamento trasparente.

Le dichiarazioni al vetriolo dell’ex Ministro Fioramonti non sono altro che la prova del fallimento della falsa idea pentastellata che la Democrazia possa r-esistere senza risorse e la conferma che i burattinai del Movimento hanno come reale obiettivo l’affossamento del finanziamento pubblico al fine di favorire un meccanismo di finanziamento privato derivante in minuscola parte da singoli contribuenti e maggiormente da lobby internazionali organizzate.